Si vuole affrontare il tema dell'esonero del datore di lavoro dalla responsabilità civile per infortunio sul lavoro o malattia professionale ai sensi dell'art. 10 del D.P.R. n. 1124/1965, riportando una serie di recenti arresti giurisprudenziali sul punto, ma non prima di rassegnare il testo delle fonti normative del c.d. danno differenziale o complementare:
Art. 10 D.P.R. n. 1124/1965
L'assicurazione a norma del presente decreto esonera il datore di lavoro dalla responsabilità civile per gli infortuni sul lavoro.
L'assicurazione a norma del presente decreto esonera il datore di lavoro dalla responsabilità civile per gli infortuni sul lavoro.
Nonostante l'assicurazione predetta permane la responsabilità civile a carico di coloro che abbiano riportato condanna penale per il fatto dal quale l'infortunio è derivato.
Permane, altresì, la responsabilità civile del datore di lavoro quando la sentenza penale stabilisca che l'infortunio sia avvenuto per fatto imputabile a coloro che egli ha incaricato della direzione o sorveglianza del lavoro, se del fatto di essi debba rispondere secondo il Codice civile.
Le disposizioni dei due commi precedenti non si applicano quando per la punibilità del fatto dal quale l'infortunio è derivato sia necessaria la querela della persona offesa.
Qualora sia pronunciata sentenza di non doversi procedere per morte dell'imputato o per amnistia, il giudice civile, in seguito a domanda degli interessati, proposta entro tre anni dalla sentenza, decide se per il fatto che avrebbe costituito reato, sussista la responsabilità civile a norma dei commi secondo, terzo e quarto del presente articolo.
Non si fa luogo a risarcimento qualora il giudice riconosca che questo non ascende a somma maggiore dell'indennità che, per effetto del presente decreto, è liquidata all'infortunato o ai suoi aventi diritto.
Quando si faccia luogo a risarcimento, questo è dovuto solo per la parte che eccede le indennità liquidate a norma degli artt. 66 e seguenti.
Agli effetti dei precedenti commi sesto e settimo l'indennità d'infortunio è rappresentata dal valore capitale della rendita liquidata, calcolato in base alle tabelle di cui all'art. 39.
A questo punto si riportano le massime di alcune significative pronunce della giurisprudenza di legittimità e di merito:
Tribunale Vicenza sez. lav., 27/08/2020, n.182
L'esonero del datore di lavoro dalla responsabilità civile per infortunio sul lavoro o malattia professionale opera esclusivamente nei limiti posti dall'art. 10 del d.P.R. n.1124 del 1965 e per i soli eventi coperti dall'assicurazione obbligatoria, mentre qualora eventi lesivi eccedenti tale copertura abbiano comunque a verificarsi in pregiudizio del lavoratore e siano casualmente ricollegabili alla nocività dell'ambiente di lavoro, viene in rilievo l'art. 2087 cod. civ., che come norma di chiusura del sistema antinfortunistico, impone al datore di lavoro, anche dove faccia difetto una specifica misura preventiva, di adottare comunque le misure generiche di prudenza e diligenza, nonché tutte le cautele necessarie, secondo le norme tecniche e di esperienza, a tutelare l'integrità fisica del lavoratore assicurato.
Cassazione civile sez. VI, 25/08/2020, n.17655
In tema di assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, l'allegazione nel ricorso introduttivo proposto dai congiunti dell'assicurato di un fatto integrante, in astratto, un reato perseguibile d'ufficio è sufficiente ad incardinare validamente la causa di danno nei confronti del datore di lavoro, così radicando, nel giudice, il potere-dovere di dar corso all'istruttoria attraverso l'accertamento del fatto-reato e poi, superato positivamente tale accertamento, del danno "differenziale" e "complementare"; a tal fine è irrilevante la percezione di una rendita da parte dei superstiti. La mancata richiesta all'INAIL dell'indennizzo per danno biologico o per danno da invalidità temporanea o l'omessa indicazione del "quantum", viceversa, possono comportare, al più, la riduzione del risarcimento civilistico, mediante la deduzione dell'importo corrispondente alla prestazione previdenziale.
In tema di assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, l'allegazione nel ricorso introduttivo proposto dai congiunti dell'assicurato di un fatto integrante, in astratto, un reato perseguibile d'ufficio è sufficiente ad incardinare validamente la causa di danno nei confronti del datore di lavoro, così radicando, nel giudice, il potere-dovere di dar corso all'istruttoria attraverso l'accertamento del fatto-reato e poi, superato positivamente tale accertamento, del danno "differenziale" e "complementare"; a tal fine è irrilevante la percezione di una rendita da parte dei superstiti. La mancata richiesta all'INAIL dell'indennizzo per danno biologico o per danno da invalidità temporanea o l'omessa indicazione del "quantum", viceversa, possono comportare, al più, la riduzione del risarcimento civilistico, mediante la deduzione dell'importo corrispondente alla prestazione previdenziale.
Cassazione civile sez. lav., 19/06/2020, n.12041
In tema di assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, la disciplina prevista dagli artt. 10 e 11 del d.P.R. n. 1124/1965 deve essere interpretata nel senso che l'accertamento incidentale in sede civile del fatto che costituisce reato, sia nel caso di azione proposta dal lavoratore per la condanna del datore di lavoro al risarcimento del cd. danno differenziale, sia nel caso dell'azione di regresso proposta dall'INAIL, deve essere condotto secondo le regole comuni della responsabilità contrattuale, anche in ordine all'elemento soggettivo della colpa ed al nesso causale tra fatto ed evento dannoso.
In tema di assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, la disciplina prevista dagli artt. 10 e 11 del d.P.R. n. 1124/1965 deve essere interpretata nel senso che l'accertamento incidentale in sede civile del fatto che costituisce reato, sia nel caso di azione proposta dal lavoratore per la condanna del datore di lavoro al risarcimento del cd. danno differenziale, sia nel caso dell'azione di regresso proposta dall'INAIL, deve essere condotto secondo le regole comuni della responsabilità contrattuale, anche in ordine all'elemento soggettivo della colpa ed al nesso causale tra fatto ed evento dannoso.
Tribunale Trieste sez. lav., 20/06/2019, n.129
Poiché l'indennità Inail, in considerazione della sua natura assistenziale, non copre esattamente l'intero danno alla salute, anche dopo la novella di cui al decreto legislativo 38/2000 il lavoratore ha diritto, ricorrendo i presupposti dell'articolo 10 del TU 1124/1965, ad agire contro il datore di lavoro per il ristoro del danno biologico c.d. differenziale, ovverosia di quella parte di danno biologico che, in termini meramente quantitativi, non sia coperta dall'assicurazione obbligatoria. In altri termini, anche successivamente all'entrata in vigore del D.Lgs. 38/2000, a norma degli artt. 10 e 11 del d.P.R. 30 giugno 1965 n. 1124 (T.U. delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro), la responsabilità civile del datore di lavoro, nonostante la copertura assicurativa garantita al lavoratore infortunato dall'Inail, permane (con la conseguente esperibilità dell'azione risarcitoria dell'infortunato per il cosiddetto danno differenziale) quando l'infortunio sia stato cagionato dalla violazione delle norme di protezione contro gli infortuni, allorché il fatto si configuri come reato procedibile d'ufficio, valutazione effettuabile incidenter tantum anche dal giudice del lavoro. L'obbligo risarcitorio del datore di lavoro nei confronti del lavoratore infortunato, previsto dall'art. 10 del d.P.R. 30 giugno 1965 n. 1124, è subordinato e limitato all'eventuale eccedenza dell'ammontare complessivo del risarcimento determinato secondo i criteri civilistici, rispetto alle indennità liquidate a norma degli articoli 66 e seguenti del T.U. dell'assicurazione obbligatoria.
Poiché l'indennità Inail, in considerazione della sua natura assistenziale, non copre esattamente l'intero danno alla salute, anche dopo la novella di cui al decreto legislativo 38/2000 il lavoratore ha diritto, ricorrendo i presupposti dell'articolo 10 del TU 1124/1965, ad agire contro il datore di lavoro per il ristoro del danno biologico c.d. differenziale, ovverosia di quella parte di danno biologico che, in termini meramente quantitativi, non sia coperta dall'assicurazione obbligatoria. In altri termini, anche successivamente all'entrata in vigore del D.Lgs. 38/2000, a norma degli artt. 10 e 11 del d.P.R. 30 giugno 1965 n. 1124 (T.U. delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro), la responsabilità civile del datore di lavoro, nonostante la copertura assicurativa garantita al lavoratore infortunato dall'Inail, permane (con la conseguente esperibilità dell'azione risarcitoria dell'infortunato per il cosiddetto danno differenziale) quando l'infortunio sia stato cagionato dalla violazione delle norme di protezione contro gli infortuni, allorché il fatto si configuri come reato procedibile d'ufficio, valutazione effettuabile incidenter tantum anche dal giudice del lavoro. L'obbligo risarcitorio del datore di lavoro nei confronti del lavoratore infortunato, previsto dall'art. 10 del d.P.R. 30 giugno 1965 n. 1124, è subordinato e limitato all'eventuale eccedenza dell'ammontare complessivo del risarcimento determinato secondo i criteri civilistici, rispetto alle indennità liquidate a norma degli articoli 66 e seguenti del T.U. dell'assicurazione obbligatoria.
Cassazione civile sez. lav., 21/05/2019, n.13645
In tema di calcolo del danno differenziale, le modifiche dell'art. 10 d.P.R. n. 1124 del 1965, introdotte dalla l. n. 145 del 2018, di natura innovativa e non meramente interpretativa, non si applicano agli infortuni sul lavoro verificatisi ed alle malattie professionali denunciate prima del 1° gennaio 2019.
In tema di calcolo del danno differenziale, le modifiche dell'art. 10 d.P.R. n. 1124 del 1965, introdotte dalla l. n. 145 del 2018, di natura innovativa e non meramente interpretativa, non si applicano agli infortuni sul lavoro verificatisi ed alle malattie professionali denunciate prima del 1° gennaio 2019.
Cassazione civile sez. lav., 21/05/2019, n.13645
Il giudice nella liquidazione del danno biologico c.d. differenziale, di cui il datore di lavoro è chiamato a rispondere nei casi in cui opera la copertura assicurativa INAIL, in termini coerenti con la struttura bipolare del danno -conseguenza, deve operare un computo per poste omogenee, sicché, dall'ammontare complessivo del danno biologico, va detratto non già il valore capitale dell'intera rendita costituita dall'INAIL, ma solo il valore capitale della quota di essa destinata a ristorare, in forza del d.lg. n. 38 del 2000, art. 13, il danno biologico stesso, con esclusione, invece, della quota rapportata alla retribuzione ed alla capacità lavorativa specifica dell'assicurato, volta all'indennizzo del danno patrimoniale, senza che su tale soluzione spieghi effetti lo ius superveniens rappresentato dalla l. n. 145 del 2018, art. 1, comma 1126, (legge finanziaria per l'anno 2019) che ha modificato il d.P.R. n. 1124 del 1965, art. 10, atteso che dette modifiche non possono trovare applicazione in riferimento agli infortuni sul lavoro verificatisi e alle malattie professionali denunciate prima del 1° gennaio 2019.
Il giudice nella liquidazione del danno biologico c.d. differenziale, di cui il datore di lavoro è chiamato a rispondere nei casi in cui opera la copertura assicurativa INAIL, in termini coerenti con la struttura bipolare del danno -conseguenza, deve operare un computo per poste omogenee, sicché, dall'ammontare complessivo del danno biologico, va detratto non già il valore capitale dell'intera rendita costituita dall'INAIL, ma solo il valore capitale della quota di essa destinata a ristorare, in forza del d.lg. n. 38 del 2000, art. 13, il danno biologico stesso, con esclusione, invece, della quota rapportata alla retribuzione ed alla capacità lavorativa specifica dell'assicurato, volta all'indennizzo del danno patrimoniale, senza che su tale soluzione spieghi effetti lo ius superveniens rappresentato dalla l. n. 145 del 2018, art. 1, comma 1126, (legge finanziaria per l'anno 2019) che ha modificato il d.P.R. n. 1124 del 1965, art. 10, atteso che dette modifiche non possono trovare applicazione in riferimento agli infortuni sul lavoro verificatisi e alle malattie professionali denunciate prima del 1° gennaio 2019.
Cassazione civile sez. lav., 13/03/2019, n.7171
In tema di responsabilità del datore di lavoro per il danno da inadempimento l'indennizzo erogato dall'Inail ai sensi dell'art. 13 del d.lg. n. 38 del 2000 non copre il danno biologico da inabilità temporanea, atteso che sulla base di tale norma, in combinato disposto con l'art. 66, comma 1, n. 2, del d.P.R. n. 1124 del 1965, il danno biologico risarcibile è solo quello relativo all'inabilità permanente.
In tema di responsabilità del datore di lavoro per il danno da inadempimento l'indennizzo erogato dall'Inail ai sensi dell'art. 13 del d.lg. n. 38 del 2000 non copre il danno biologico da inabilità temporanea, atteso che sulla base di tale norma, in combinato disposto con l'art. 66, comma 1, n. 2, del d.P.R. n. 1124 del 1965, il danno biologico risarcibile è solo quello relativo all'inabilità permanente.
Cassazione civile sez. lav., 15/11/2018, n.29401
Il lavoratore tecno-patico ha diritto al risarcimento del danno biologico differenziale, qualora la malattia professionale sia la conseguenza della violazione dell'art. 2087, c.c., sufficiente per superare la regola del parziale esonero di cui all'art. 10, d.P.R. n. 1124 del 1965.
Il lavoratore tecno-patico ha diritto al risarcimento del danno biologico differenziale, qualora la malattia professionale sia la conseguenza della violazione dell'art. 2087, c.c., sufficiente per superare la regola del parziale esonero di cui all'art. 10, d.P.R. n. 1124 del 1965.
Cassazione civile sez. lav., 02/03/2018, n.4972
La regola dell'esonero del datore di lavoro dalla responsabilità civile per gli infortuni sul lavoro - e del suo superamento solo in presenza di illiceità penale - non vale per il danno che esula ab origine dalla copertura assicurativa INAIL (c. d. danno complementare, definito pure differenziale qualitativo) come il biologico temporaneo, il biologico in franchigia (fino al 5%,) il patrimoniale in franchigia (fino al 15%), il morale ed i pregiudizi esistenziali, il danno tanatologico o da morte iure proprio e jure successionis, la personalizzazione o ricadute soggettive del danno biologico); per ottenere il quale il lavoratore o suoi eredi possono agire nei confronti del datore secondo il diritto civile, azionando anche una domanda per responsabilità contrattuale (oltre che extracontrattuale); avvalendosi quindi se del caso dell'inversione dell'onere della prova della colpa, nella logica oramai assodata della responsabilità contrattuale ex artt. 2087 e 1218 c.c..
La regola dell'esonero del datore di lavoro dalla responsabilità civile per gli infortuni sul lavoro - e del suo superamento solo in presenza di illiceità penale - non vale per il danno che esula ab origine dalla copertura assicurativa INAIL (c. d. danno complementare, definito pure differenziale qualitativo) come il biologico temporaneo, il biologico in franchigia (fino al 5%,) il patrimoniale in franchigia (fino al 15%), il morale ed i pregiudizi esistenziali, il danno tanatologico o da morte iure proprio e jure successionis, la personalizzazione o ricadute soggettive del danno biologico); per ottenere il quale il lavoratore o suoi eredi possono agire nei confronti del datore secondo il diritto civile, azionando anche una domanda per responsabilità contrattuale (oltre che extracontrattuale); avvalendosi quindi se del caso dell'inversione dell'onere della prova della colpa, nella logica oramai assodata della responsabilità contrattuale ex artt. 2087 e 1218 c.c..
Corte appello Catanzaro sez. lav., 19/03/2018, n.30
In merito alla domanda di danno differenziale patito dalla dipendente, ai fini dell'accertamento del danno differenziale, è sufficiente che siano dedotte in fatto dal lavoratore circostanze che possano integrare gli estremi di un reato perseguibile d'ufficio, sottolineando che anche la violazione delle regole di cui all'art. 2087 c.c., norma di cautela avente carattere generale, è idonea a concretare la responsabilità penale. Nella specie, è emerso chiaramente che lo scivolamento della medesima lungo la scala è stato determinato dall'assenza dei dispositivi atti a prevenirlo che era compito del datore di lavoro apprestare.
In merito alla domanda di danno differenziale patito dalla dipendente, ai fini dell'accertamento del danno differenziale, è sufficiente che siano dedotte in fatto dal lavoratore circostanze che possano integrare gli estremi di un reato perseguibile d'ufficio, sottolineando che anche la violazione delle regole di cui all'art. 2087 c.c., norma di cautela avente carattere generale, è idonea a concretare la responsabilità penale. Nella specie, è emerso chiaramente che lo scivolamento della medesima lungo la scala è stato determinato dall'assenza dei dispositivi atti a prevenirlo che era compito del datore di lavoro apprestare.