Si può chiedere ai Comuni la restituzione degli ultimi 10 anni di tariffe o canoni pagati per il servizio pubblico di depurazione delle acque reflue.
Ciò è possibile laddove nel Comune interessato:
- manca un impianto per la depurazione delle acque reflue;
- l'impianto di depurazione c'è, ma è temporaneamente inattivo;
- oppure, come ha statuito la Suprema Corte di Cassazione (sent. n. 3314/2020), l'impianto di depurazione è "assolutamente insufficiente".
In tutti questi casi, l'utente può:
- contestare (per iscritto) la bolletta che viene comunicata dal Comune, sospendendone il pagamento per quella parte destinata a corrispettivo per un servizio pubblico di depurazione in realtà non prestato dall'Ente;
- chiedere (sempre per iscritto) la restituzione al Comune fino agli ultimi dieci anni di corrispettivi indebitamente richiesti dall'Ente ed effettivamente pagati.
Questo principio è ormai consolidato a seguito della sentenza emessa dalla Corte Costituzionale il 10 ottobre 2008, n. 335. L’Alta Corte decidendo sulla questione di legittimità costituzionale sollevata dal Giudice di Pace di Gragnano (NA) con 3 ordinanze 1 del 3, 31 maggio e 16 settembre 2007, ha dichiarato con sentenza n. 335 del 10.10.2008 l’illegittimità costituzionale dell’art. 14, comma 1, della L. n. 36/1994, sia nel testo originario, sia nel testo modificato dall’art. 28 della L. n. 179/2002, nella parte in cui prevede che la quota di tariffa riferita al servizio di depurazione è dovuta dagli utenti “anche nel caso in cui la fognatura sia sprovvista di impianti centralizzati di depurazione o questi siano temporaneamente inattivi”.
Come chiarito nella citata sentenza, la tariffa ha natura di corrispettivo di diritto privato: “la tariffa del servizio idrico integrato si configura, in tutte le sue componenti, come corrispettivo di una prestazione commerciale complessa, il quale, ancorché determinato nel suo ammontare in base alla legge, trova fonte non in un atto autoritativo direttamente incidente sul patrimonio dell’utente, bensì nel contratto di utenza. La quota di tariffa riferita al servizio di depurazione, in quanto componente della complessiva tariffa del servizio idrico integrato, ne ripete necessariamente la natura di corrispettivo contrattuale, il cui ammontare è inserito automaticamente nel contratto (art. 13 della legge n. 36 del 1994)”.
In definitiva, la norma censurata, imponendo l’obbligo di pagamento in mancanza della controprestazione, infatti, prescindeva dalla natura di corrispettivo contrattuale della quota e, pertanto, si poneva ingiustificatamente in contrasto con la ratio del sistema della L. n. 36 del 1994, fondata, invece, sull’esistenza di un sinallagma che correla il pagamento della tariffa stessa alla fruizione del servizio per tutte le quote componenti la tariffa del servizio idrico integrato, ivi compresa la quota di tariffa riferita al servizio di depurazione.
Il Giudice delle Leggi ha stabilito quindi: a) la natura di corrispettivo contrattuale delle somme pagate per la depurazione delle acque, a partire dal 4 ottobre 2000; b) la conseguente illegittimità della richiesta di un tale pagamento in assenza della fornitura del corrispondente servizio di depurazione delle acque.